VIA CRUCIS
Oggi portar la Croce;
Nella Tua doglia atroce
Io ti vorrei seguir.
Ma sono infermo e lasso
Non m'abbia da smarrir.
Tu col divin Tuo sangue
Vanne segnando i passi
Ch'io laverò quei sassi
Col molto lacrimar.
Nè temerò smarrirmi
Pel monte del dolore
Quando il tuo santo amore
M’insegni a camminar.
Gesù, Gesù, mio bene, stampate nel mio cuore le vostre pene.
I - Se il mio Signor diletto
A morte hai condannato
Spiegami almen, Pilato,
Qual fosse il suo fallir.
Colpa da te si appella
Potessi anch'io morir.
Stabat Mater dolorosa/ Juxta crucem lacrimosa/ Dum pendebat filius.
II - So che del Tuo supplizio
So che la pena è scorta
Del già commesso error.
Ma se Gesù si vede
Di croce caricato
Paga l'altrui peccato
Sol per immenso amor.
Cuius animan gementem/ Contristatam et dolentem/ Pertransivit gladius.
III - Chi porta in pugno il mondo
A terra è già caduto,
Nè gli si porge aiuto:
Oh! Ciel che crudeltà.
Se cade l'uomo ingrato
Tosto Gesù il conforta,
Ed è per Gesù morta
Al mondo ogni pietà.
Gesù, Gesù, …
O quam tristis et aff1icta/ Fuit illa benedicta/ Mater Unigeniti!
IV - Sento l’amaro pianto
Della dolente Madre,
Che gira tra le squadre
In traccia del suo Ben.
Sento l'amato Figlio
Che dice: Madre, addio;
Più fier del dolor mio
Il Tuo mi passa il sen.
Quae moerebat et dolebat/ Pia mater dum videbat/ Nati poenas inclyti.
V - Se di tue crude pene
Son io, Signore il reo,
non deve il Cireneo
la Croce tua portar.
S'io sol potei per tutti
Di croce caricarti,
Potrò, nell'aiutarti,
Per uno sol bastar.
Quis est homo qui non fleret/ Matrem Christi si videret/ In tanto supplicio?
VI – Sì vago è nel tormento
Il volto del mio Bene
Amabile il dolor.
In cielo che sarai
Se in rozzo velo impresso,
Da tante pene oppresso,
Spiri sì dolce amor?
Quis non posset contristari/ Christi Matrem contemplari/ Dolentem cum Filio?
VII - Sotto i pesanti colpi
Della ribalda scorta,
Un nuovo inciampo porta
A terra il mio Signor.
Siate voi, duri sassi,
Al vostro Creator.
Pro peccatis suae gentis/ Vidit Jesum in tormentis/ Et flagellis subditum.
VIII - Figlie non più su queste
Piaghe che porto impresse
V'invito a lacrimar.
O sconsolate donne
Quando l'empia Sionne
Vedrete rovinar.
Vidit suum dulcem natum/ Moriendo desolatum/ Dum emisit spiritum.
IX - L'ispido monte mira
Il Redentor languente,
E sa che inutilmente
Per molti ha da salir.
Quest'orrido pensiero
Sì al vivo il cor gli tocca,
Che languido trabocca,
E sentesi morir.
Eja, Mater fons amoris/ Me sentire vim doloris/ Fac, ut tecum lugeam.
X - Mai l'arca del Signore
E ignudo il Dio dell'arca
Vedrassi senza vel?
Se nudità sì bella
Or ricoprir non sanno,
Dite, mio Dio, che fanno
Fac ut ardeat cor meum/ In amando Christum Deum/ Ut sibi complaceam.
XI - Vedo sul duro tronco
Disteso il mio diletto,
E il primo colpo aspetto
Dall'empia crudeltà.
Quelle divine mani,
Che al tornio sembran fatte,
Ah! Che il martel le batte
Senz’ombra di pietà.
Sancta Mater istud agas:/ Crucifixi fige plagas/ Cordi meo valide.
XII - Veder l'orrenda morte
Del suo Signor non vuole,
Onde si copre il sole
E mostra il suo dolor.
Trema commosso il mondo,
Il sacro vel si spezza;
Piangon per tenerezza
I duri marmi ancor.
Tui nati vulnerati/Tam dignati pro me pati/Poenas mecum divide.
XIII - Tolto di croce il Figlio
L'afflitta Madre e prende
In grembo il morto ben.
Versa per gli occhi il cuore
In lacrime disciolto,
Bacia quel freddo volto
E se lo stringe al sen.
Fac me tecum pie flere/ Crucifixo condolere/ Donec ego vixero.
XIV – Tomba, che chiudi in seno
Il mio Signor già morto,
Sin ch' Ei non sia risorto
Non partirò da te.
Alla spietata morte
Allor dirò con gloria:
Dov'è la tua vittoria,
Quando corpus morietur/ Fac ut animae donetur/Paradisi gloria. Amen.