5 marzo 2007

Inquiete speranze

di Antonio Facciolo

  La vita è frutto di un atto d’amore, coronamento consapevole di un sogno che si è voluto consacrare con l’unione di due esistenze.

  Una contadina del mio paese, a mia madre che le rimproverava la spregiudicatezza della sua quindicesima gravidanza, così rispose: “Chi voliti, u Signori  li  manda”.

  Migliaia di bambini sono venuti al mondo da genitori schiavi, per essere a loro volta schiavi; milioni di bambini ogni giorno nascono in zone della terra dove nulla può essere loro offerto se non fame,malattie,sofferenze.

  Si può essere concepiti per un inganno, oppure in un momento di ebbrezza, o ancora per un atto di violenza.

  Per questi figli della brutalità, nati da un atto che un sociologo non ha esitato a definire “effimero”, addirittura inconsapevole, come nel caso della mia paesana, vi è stato amore cosciente?

  Non tutto è frutto della brutalità, comunque, perché si è anche  dolce frutto  di un atto d’amore; per alcune nascite, però,  questo atto d’amore alla fine si è tramutato in tragedia.

  E’ il caso di Federica Monteleone, di Piergiorgio Welby, di Marianna Marchese, sfortunate esistenze che in questi ultimi tempi hanno turbato le nostre coscienze.

  Federica, bella, ricca dei sogni e delle speranze che a sedici anni non finiscono mai, appassionata della vita, è stato un bocciolo reciso non si sa come e non si sa perché.

  Piergiorgio scoprì ancor giovane il suo amaro destino.

  Marianna, giovane madre, all’improvviso si è trovata in un mare sconvolgente, giusto il tempo per rendersene conto.

  Perché sempre e comunque dolore?

  La verità è che si viene al mondo e basta! Poi resta la nostra esistenza. Ne siamo padroni?

  Sembra proprio di no, se poi scopriamo che ognuno può essere portatore inconsapevole di malattie mortali, ovvero che il nostro destino può essere in mano ad altri, o peggio ancora, che esso può essere determinato da strane coincidenze.

  Lo sventurato Welby, dopo anni di terribile sofferenza, ha chiesto ed ottenuto di porre fine alla sua esistenza: Non ce l’ ha fatta ed ha detto basta!

  La giovane e sventurata Marianna ha concluso la sua vita nella stessa sofferenza, secondo la volontà di Dio.

  Federica è stata una meteora…!

  Se il primo non avesse deciso di farla finita, forse oggi sarebbe qui, per fare che cosa, per la vita o piuttosto per latra sofferenza?

  E se la giovane e sventurata madre, che si è affidata a Dio e che ha concluso la sua vita secondo la sua volontà, fosse vissuta ancora nella sofferenza alla quale era stata destinata, quale senso avrebbe avuto tutto ciò?

  Di chi la verità? Del primo che ha voluto essere padrone della propria fine, o della seconda che ha  creduto? E che dire della sfortunata Federica che, entrata in sala operatoria per una banale appendicite, non ha avuto nemmeno la possibilità di gridare “Cristo, aiutami?”.

  Chi può saperlo! Scriveva una poetessa, anch’ ella accomunata nel destino tragico di chi conclude troppo presto il viaggio terreno: “Le ansie dell’ignoto/perché vorremmo conoscere/i tormenti dell’incomprensibile/perché ci affanniamo  a capire/cancellano i nostri sorrisi/.Ma io testarda continuo a credere che alla fine il vento porterà via solo la nostra polvere”.