Da Calabria Ora del 12 giugno 2008
San Nicola, paese dei grandi tesori e dei letterati
Il patrimonio che sopravvive all’isolamento
di Nicola Pirone
Piccoli centri che nascondono grandi tesori. Sono i paesi dell’entroterra calabrese che, fin dall’antichità, hanno ospitato letterati, artisti e poeti, padri dei capolavori dell’editoria e promotori della cultura locale. Tra essi, nascosto tra il verde e l’argento dei boschi, alle pendici delle Serre calabresi, si cela San Nicola, antico borgo che nel proprio “splendido isolamento” ha dato lustro all’intera regione grazie all’opera dei propri figli, tenendo alto il proprio nome in Italia e nel Mondo. Fu proprio qui, infatti, che sorse nel 1634 la prima stamperia calabrese, grazie alla geniale intuizione di Gian Giacomo Martini che l’anno successivo, proprio per quei tipi, diede alle stampe il “Cosilorum sive Responsorum iuris”. Un’opera di ampio respiro in cui è racchiusa la storia – ancora per molti versi sconosciuta– di San Nicola, la cui decodificazione permetterebbe di riportare alla luce la stamperia e di trarre dall’oblio a cui attualmente è condannata l’antica chiesa di San Nicola, occultata alla vista e alla memoria in un luogo che nessuno sa. Tesori la cui esistenza e collocazione è custodita nel latino degli atti notarili raccolti nel “Consiliorum”, che Gian Giacomo Martini, storico, letterato, giurista e uomo di fede, raccolse in maniera organica all’interno della propria opera. Fu il Cinquecento a fregiarsi della nascita del giureconsulto che - acquisite le doti giuridiche e conseguita la laurea in diritto canonico e civile – si dedicò, da parroco, alla cura delle anime paese natale. Fu il cardinale Felice Ceniti a conferirgli, nel 1611, la nomina di vicario generale della diocesi di Mileto, carica che mantenne anche con i successori del cardinale. Solo nel 1634, però, ricevette i permessi necessari per dare alle stampe tre delle sue opere. Tra questa proprio il Consiliorum. Ma, tra gli ecclesiastici, non fu l’unico a dare lustro a San Nicola. A fargli eco nella produzione letteraria fu monsignor Antonio Papa. Unico vescovo sannicolese, nacque nel 1627 e ben presto, nel 1649, divenne dottore in Utroque Jure. Esorcista, accolito e procuratore della sacra rota, fu ordinato nell’Urbe nel 1685. Morì soltanto due anni dopo, ma lasciò numerosi scritti, testi preziosi in cui sono custodite le memorie degli incontri con papa Innocenzo XI, di cui era familiare. Ma se gli ecclesiastici si diedero da fare, gli altri sannicolese non furono certo da meno, e gareggiarono nella stesura di testi sacri e profani che, ancor oggi, vengono ricordati e utilizzati durante le feste del paese. Tra gli altri è da ricordare il cavaliere Vincenzo Mannacio, autore del celebre inno “Tu che pendi”, senza ombra di dubbio uno dei canti più commoventi della chiesa sannicolese che ancora oggi, i fedeli intonano durante la settimana dedicata al Santissimo Crocifisso, nel mese d’Agosto. Ma questo è soltanto uno dei tanti esempi di cultura e spiritualità che le confraternite del Crocifisso che del Rosario hanno mantenuto vivi nel tempo con il loro operato. Ed è anche grazie a loro se San Nicola, oggi, può fregiarsi del processo d’importanti opere che testimoniano un passato di cui altrimenti non si avrebbe notizia. Ma non si pensi che San Nicola è conosciuto solo per i libri di stampa. Ci sono anche manoscritti nel novero dei testi custoditi nel paese, come lo statuto della Confraternita del Crocifisso: trecento pagine perfettamente integre, datate 1669, in cui si ripercorrono i primi mesi di vita del sodalizio e all’interno delle quali sono conservate le norme che i confratelli si impegnavano a seguire, una realtà importante, quella delle confraternite di cui si sono occupati anche Tommaso Mannacio e Domenico Carnovale. Il primo già priore della congrega del Crocifisso, dedicò ad essa un volume, nel quale raccolse numerose testimonianze e una cronistoria delle vicende del sodalizio. Analoga operazione, ma stavolta per la confraternita del Rosario, fu attuata dal preside Carnovale. Così a San Nicola passarono gli anni, ma l’amore per la cultura non si sopì. Anzi, con Don Domenico Bellissimo, parroco di San Nicola prima e di Giffoni, poi, varcò le soglie della regione. Giunto nel paese del Reggino, infatti, don Bellissimo seguendo le orme Gian Giacomo Martini, mise in funzione una stamperia. Qui pubblicò numerose opere e diede alle stampe la rivista “Alziamo le vele”. E a vele spiegate navigarono nel mare della cultura altri illustri sannicolesi, come Nicola Alberto Mannacio. Correva l’anno 1965 quando lo scrittore pubblicò il proprio libro sul paese. In cambio di 500 lire tutti poterono allora leggere la descrizione di quei luoghi e venire a conoscenza di riti e tradizioni locali. Senza dimenticare,poi, le storie e le leggende tramandate in "Uomini e Fatti". Ma è nel finire del ventesimo secolo, che nel paese si diffuse in tutta la sua forza la cultura del libro locale: Gerardo Marchese, docente universitario a Perugia e a Catanzaro,diede alle stampe due importanti volumi, “Calabria dimenticata” e “Piccola Patria”. Senza dimenticare, poi, Vito Teti, sannicolese doc – docente di Etnologia all’Unical e attuale assessore provinciale alla Cultura- che non ha tralasciato di parlare, nelle proprie opere, della vita quotidiana, dell’alimentazione, dei paesi abbandonati, dei riti e delle tradizioni popolari della terra di Calabria e, naturalmente, dell’emigrazione. Ma di cultori della scrittura, a San Nicola ce ne sono ancora tanti e tanti altri, e portano il nome di Roberto Papa, Francesco Bellissimo, Antonio Pileggi, Antonio Galloro, Giuseppe Forte e Francesco Mazzè.
Sarà l’aria, sarà il suo “splendido isolamento”, ma San Nicola è sempre San Nicola…
Don Domenico Bellissimo - Nicola Gerardo Marchese - Domenico Carnovale - Vito Teti - Roberto Papa
Gli Statuti della Confraternita del Crocifisso e Il Consiliorum sive responsorum juris