A brigante..brigante e mezzo
di Vito Perri
“A brigante..brigante e mezzo”, era il motto di Sandro Pertini, durante gli anni della resistenza, contro il regime autoritario.
I sistemi totalitari, indifferentemente dal colore e dall’ideologia, hanno la capacità di produrre rovine ed impoverimento, infestando l’intera collettività fino al midollo, penetrando nel tessuto sociale e in ogni aspetto della vita pubblica e privata per controllarla, piegando ogni resistenza con l’uso della violenza e dei soprusi.
Una porcata, per intenderci.
Il Fascismo, in Italia, si affermò non per la forza dei fascisti, ma per la viltà e la complicità di tutti coloro che senza essere fascisti, si adeguarono.
Anche se non vi sono attinenze con quel preciso periodo storico, il contesto sociale è abbastanza preoccupante.
Il Parlamento è composto da rappresentanti indicati dalle segreterie dei partiti, così come era nominata la Camera delle Corporazioni durante il Fascismo.
Le ronde di volontari sono costituite da squadre di sostenitori di partito, come allora, sprovvisti al momento, per nostra fortuna, di olio di ricino e manganello.
La funzione legislativa del Parlamento, viene continuamente avvilita dal ricorso ai decreti legge.
Non meno perplessità suscitano le imminenti riforme del diritto allo sciopero,
delle intercettazioni e la riforma della Magistratura.
Quest’ultima, presumibilmente, per avviare un sistema a doppio diritto, impunità per chi di dovere, “di casta” e senza garanzia alcuna, per i poveracci.
Nelle organizzazioni criminali, l'omertà è un bene che è difeso nell’interesse comune.
L'infame va bloccato, delegittimato e infangato, perché sennò il sistema salta e va tutto a puttane.
Non hanno importanza i guai di questo o di quello, ma l'impunità.
Le intercettazioni, è meglio se non si fanno, perché oggi può toccare a me, domani a te.
La riforma renderà difficile farle. E’ evidente che il malaffare non deve essere scoperto.
E se viene scoperto, non deve essere conosciuto dai cittadini.
Nell'elenco degli smantellamenti in corso, mentre imperversano colte discussioni sul grembiulino a scuola o sul guinzaglio al cane, c'è un progetto pericoloso ed è il bavaglio all'informazione, probabilmente per controllare l’opinione pubblica, trasformando l’informazione in propaganda.
C’è chi intende chiudere definitivamente la porta sulla verità, non consentendoci nemmeno di spiare dal buco della serratura.
Tutto questo avviene nel pacifico silenzio o quasi, degli schieramenti che rappresentano l’opposizione.
Praticamente, l’opposizione dovrebbe essere quella compagine politica che non governa, ma che contrasta opportunamente, nel merito, i provvedimenti del governo in carica.…(praticamente.!)
Il silenzio e gli ammiccamenti non funzionano per fare opposizione.
La colpa di questo scatafascio, arriva da lontano, da responsabilità circostanziate, da parte di molti membri della casta, di ogni colore di casacca.
Una classe politica inadeguata, dedita prevalentemente alla gestione del potere e funzionale alle potenti lobby economiche-affaristiche, arrogante e sprezzante nei confronti delle necessità della gente.
Il sistema dei partiti politici, incomincia tuttavia un po’ a scricchiolare.
Anche la sinistra è alle prese con le proprie magagne.
Il male che la sta logorando ha un nome: credibilità.
La sinistra perde perché non è credibile.
Non per le idee o i progetti, ma per gli uomini e i comportamenti.
Alcuni scandali che hanno interessato la disinvolta gestione del potere amministrativo, hanno fatto crollare definitivamente il presupposto della diversità dalla destra, togliendo agli elettori di sinistra anche le ultime illusioni.
La sinistra era entrata in crisi già due anni prima, quando fu resa nota la telefonata con il patron di Unipol, Consorte.
La famosa frase: “Siamo padroni di una banca”.
Tutti gli elettori del centro-destra, dissero: “anche loro sono uguali” e non avevano tutti i torti.
Il passaggio dalla banca alla bancarotta, fu rapido.
Un suicidio politico.
In quella situazione la sinistra avrebbe dovuto reagire con chiarezza.
Era il momento di rinnovare e mettere su ogni bottega di partito, un cartello con su scritto ”Non c’è trippa per gatti”.
Invece non è successo nulla.
Il gruppo dirigente ha indugiato e quasi tutti hanno taciuto.
Così dalla sinistra se ne sono così andati via i migliori: gli elettori, sgombrando definitivamente il campo ai garzoni della politica con le loro fameliche clientele, a seguito.
L’attenzione parlamentare, al momento, è rivolta a sbrogliare la rogna del testamento biologico.
Si va avanti con i piedi di piombo.
Una bella gatta da pelare.
La vicenda di Eluana Englaro ha scatenato un putiferio, lasciando molti nervi scoperti.
Un caso significativo di sciacallaggio irriverente, da parte dei soliti corvi nella piazza mediatica, nell’intento di strumentalizzare la pietà per sedurre una fetta determinante dell’elettorato ed accattivarsene un’altra molto autorevole, condotto con una delicatezza tale da infamare tutto, ragione, etica e sensibilità.
Su Eluana si è detto tutto e di tutto, nulla da aggiungere oltre il rispetto.
I richiami in difesa della vita dovrebbero toccare anche altri argomenti.
Non tutte le questioni etiche sulla vita e la morte hanno lo stesso peso dell'interruzione della gravidanza e dell’eutanasia agli agonizzanti, dopo evidentemente gli uomini sono considerati solo carne risparmiata dal cannone, come i bambini palestinesi dilaniati nel mattatoio di Gaza, o girandosi dall'altra parte, in un’ inquietante silenzio, di fronte a centinaia di uomini condannati a morte.
Una pena vendicativa, contraria al perdono e ai valori cristiani del quinto comandamento: "Non uccidere", trascurando che il Signore che diede la legge a Mosè, era lo stesso che mise un segno sulla fronte di Caino affinché nessuno lo uccidesse, malgrado la sua colpevolezza.
Ma nell’affidare al boia, carne infame, non si va tanto per il sottile, sollevando noiose questioni etiche.
I riflettori si spengono, quasi come se lo stesso Dio avesse fornito una successiva nota esplicativa al quinto comandamento, non pubblicata sulla gazzetta ufficiale.
Non molto tempo fa, ci fu un’altra vittima illustre di sciacallaggio mediatico,
una colta signora agonizzante e in fin di vita, duramente provata dalle sofferenze di una gravissima malattia.
Ma non per questo fu risparmiata dall’ indecente satira di Stato, ad opera dell’abile menestrello di corte, che proprio sulla quella malattia s’accanì, con feroce disprezzo sia per la persona, sia per la condizione fisica.
L’istruita signora era stata punita, in degno modo, per avere osato esternare le proprie convinzioni difformi dal pensiero dominante.
Quella colta signora all’antica, come amava definirsi, era Oriana Fallaci.
Una che dava l’anima per far prevalere la ragione contro le cavolate dei cialtroni cerebrolesi o dei dissennati fiancheggiatori degli ultrà della politica.
Smise perfino di curarsi, il cancro “l’alieno”, come lo definiva lei, che aveva fatto il nido nei suoi polmoni, per essere in prima linea a seguito dell’attentato terroristico alle Twin Towers di New York, rea di razzismo e xenofobia, quando allarmò l’Europa dai pericoli del fondamentalismo islamico.
“Un pesce, da solo in mezzo all’Oceano”, definiva la propria condizione intellettuale.
“Oriana la puttana”, quando moribonda si schierò per difendere il proprio pensiero e la sua Firenze dal corteo dei no-global, ferocemente oltraggiata dagli striscioni dei manifestanti: “Or-Jena Fallaci”, “Fuck-you- Fallaci", e dagli scribacchini e i giullari di regime, indecentemente asserviti al potere, liberi nello stesso modo di come turpemente è ancora impresso sul cancello nel campo di sterminio di Auschwitz: “ARBEIT MACTH FRE” (il lavoro rende liberi).
Gli stessi imbrattacarte che oggi sprecano inchiostro e finte lacrime come le “ciangiuline” al funerale del dissoluto e trasgressivo “Vincenzuni” (Carnevale), osannando ipocritamente l’autorevolezza intellettuale di Oriana Fallaci, dopo la morte.
La Fallaci, distante dal potere : “due fottuti idioti” apostrofava i leader di maggioranza e opposizione, quando questi le strizzavano l’occhio nella fase del corteggiamento politico.
Una tosta, che rivendicava energicamente la propria onestà intellettuale e il suo pensiero, libero da condizionamenti e da loschi interessi di bottega, diversamente dai tanti leccaculo di partito, mutilati del libero arbitrio.
“Io non appartengo né alla Destra né alla Sinistra né al Centro.
Appartengo ai miei principi e basta.” (Oriana Fallaci)
Soverato, 3 marzo 2009