Metti una sera a cena

 

Eccoci qua.

C’era da sempre quel pensiero.

C’era dal giorno che ci siamo salutati.

Quel giorno della scampagnata. Di fine anno. Noi della quinta.

Eravamo grandi.

Dovevamo prendere una decisione.

Una questione di tempo.

E il tempo arrivò.

Anno scolastico 2009-2010: la Maestra, Dina Carnovale, si gode il meritato riposo dopo avere accompagnato quante generazioni da quel 1975?

 

La cena è squisita fin dall’aperitivo.

Merito della Famiglia Ficchì e della loro “Isola di Azzurra”.

La serata è leggera. Non so se per via del bianco che accompagna il pesce.

Di sicuro per le risate che seguono ai racconti.

Racconti vivi di una fuga improvvisata dopo l’ora di religione; o di banchi cigolanti; o dei cubi delle letterine; o della supplente della classe vicina; o delle corna delle mucche di Nicola sul viso di Vincenzo; o dei fiori rubati per il mazzetto della festa; o…

Ma senza groppi di nostalgia.

Un dolore accennato, ma di striscio. Non c’è tempo. Si racconta, senza malinconia.

Accaduto. E basta.

La targhetta. Le foto, certamente.

Anzi, la foto. Una gigantografia. Della quinta, naturalmente.

Mancava Savina. Era a letto con la febbre al tempo. Ma stasera c’è.

Si piazza di fianco alla Maestra che tiene la gigantografia.

Ed ecco la lezione (ogni volta che c’è una maestra ci deve essere una lezione): si può rimediare.

Con ironia e volontà, si può rimediare.

Non a tutto, certo. Ma si può.

Fine della lezione.

 

Cara Maestra, viviamo in una società che va di fretta; che consuma in fretta; che dimentica in fretta.    

E la riconoscenza non è parte della quotidianità.

Ma noi siamo qua.

Glielo dovevamo.

Da sempre.

Dal giorno che ci siamo salutati.

Quel giorno della scampagnata di fine anno.

Noi, grandi, della quinta.