Da Calabria Ora del 27 gennaio 2010

Giovanni Furlano racconta la sua esperienza di deportato

Storia di un sopravvissuto alla tragedia della Shoah

di Nicola Pirone

SAN NICOLA DA CRISSA – Gli anni della Seconda Guerra Mondiale sono stati il periodo più buio dell’umanità. Milioni di morti, numerosi mutilati e intere città devastate. Orrori che rimarranno per sempre impressi nella memoria di chi ne è stato testimone. Tanti uomini, donne e persino bambini, hanno conosciuto i campi di concentramento nazi-fascisti sparsi per l’Italia. Oggi è rimasto solo un ricordo di quei tristi anni. Giorni in cui la sofferenza era toccata con mano. Numerosi furono i prigionieri calabresi e noi, per ricordare il “Giorno della memoria”, siamo andati a trovare un ex combattente del regio esercito, Giovanni Furlano che insieme ad un altro illustre cittadino, il generale Mannacio ha conosciuto la prigionia ed i metodi disumani dei tedeschi. Persona umile, Giovanni classe 1921 faceva il contadino quando è stato chiamato alle armi e quegli anni li ricorda, perché hanno segnato per sempre la sua vita. Oggi vive in una piccola casa nel centro storico di San Nicola, in compagnia della seconda moglie. Signor Furlano, lei è uno dei pochi che sono riusciti a salvarsi dai campi di lavoro tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale, che ricordo ha di quegli anni? <<Sono stati anni duri, dove c’era molta povertà. Fui fatto prigioniero dai nazisti una volta rientrato dalla campagna di Russia. Lì mi condussero in varie città d’Italia>>.

In quali campi di concentramento fu portato? <<Dato che ero infermiere del regio esercito, mi portarono prima a Fossoli vicino Modena, poi in Toscana e ad Alessandria>.

Prigionieri con lei c’erano anche degli ebrei e come si viveva all’interno del campo? <<Sì c’erano tanti ebrei ed altri italiani. Vivevamo male, i tedeschi non ci trattavano come dovuto. Abbiamo patito la fame ed il freddo, specialmente durante l’inverno. Si lavorava e si dormiva, questa era la vita quotidiana>>.

Con che mezzo arrivavate nei lager e come venivate riconosciuti? <<Ci portavano con i treni ed una volta arrivati ci marchiavano. Io perché infermiere dell’esercito non avevo nessun marchio, solo una fascia al braccio, ma a tanta povera gente venivano tatuati come le bestie>>.

Ricorda qualche episodio particolare della vita nel campo di concentramento? <<Ricordo tante cosa, ma una è rimasta impressa per sempre. Ci trovavamo ad Alessandria ed un mio commilitone tentò di evadere, ma i tedeschi lo fucilarono. Come lui, poi, fu la volta di numerosi ebrei. Le mitraglie sembravano impazzite. Sparavano senza economia di proiettili>>.

Signor Furlano, ha mai pensato che il campo di concentramento sarebbe stato la sua ultima casa, che una volta entrati non ne sarebbe più uscito? <<Questo era all’ordine del giorno. Eravamo coscienti che una volta entrati era difficile uscirne vivi, ma per fortuna sono qui a raccontarlo>>.

Lei com’è riuscito a salvarsi? <<Innanzitutto alla fuga non ci avevo mai pensato perché sapevo a cosa andavo incontro, ma una notte durante uno spostamento approfittai di un attimo di distrazione delle guardie e mi nascosi in un campo di granturco. Poi, una volta che tutti si erano allontanati cercai un riparo e un mezzo per tornare a San Nicola>>.

Oggi a distanza di 65 anni, ogni tanto ci pensa agli orrori vissuti e se tornerebbe indietro si sarebbe arruolato? <<Alcune notti, alcuni giorni ci penso a tutto ciò che ho subito, ma non posso cancellare niente. Se tornassi indietro non mi arruolerei. Mi hanno lasciato dei brutti ricordi sia i fascisti italiani che i tedeschi. Preferisco la pace>>.