Vamos a Santiago

di Francesco Telesa

Descrivere ciò che è stato questo viaggio per ognuno di noi, in poche battute è, pressoché,  impossibile tanto più che ciò che ci ha smosso questa esperienza ancora si contorce dentro e, credo, non abbia trovato un senso, pienamente compiuto, nei nostri animi.

Il cammino di Santiago rappresenta, infatti, un punto di svolta nella vita di una persona, un mettersi in marcia per un obbiettivo lontano e difficile; ci sono momenti nella vita di ogni uomo in cui, ad un tratto, ci si sveglia dal torpore del vivere quotidiano e ci si rende conto di dover fare sul serio. Ecco, il cammino si Santiago è uno di quelli. Svegliarsi al mattino presto, caricarsi lo zaino in spalla e partire con la prospettiva di camminare cinque, sei o anche sette ore non è cosa da tutti i giorni e detto così può sembrare una cosa che spaventa. Eppure è stata un’esperienza bella, entusiasmante.

Memorabili le colazioni prima di partire. Un ragazzo pugliese che si imbatte nel nostro gruppo alle prese col pasto mattutino dice: “ In ottocento chilometri percorsi non ho mai visto nulla di simile”.

I tratti di strada fatti nel buoi della notte e poi nella penombra delle prime luci dell’alba fino a ritrovarsi, accompagnati in un risveglio dei sensi dal crescere della luce giorno, belli e gagliardi col sole pieno del mattino che ci guarda filar via e scalare chilometri su chilometri come fosse niente. Siamo stati un’armata imponente, il nostro passaggio non è rimasto inosservato (chiedere alle signore che dai bar sfornavano 40-50 cm di panino con Tortilla e Caso a metà mattinata o a incauti cinesi che andavano in bicicletta).

L’arrivo della tappa giungeva attorno al primo pomeriggio seguito da un periodo di ristoro che si protraeva fino al mattino successivo. Da rimarcare le messe celebrate in lingua spagnola, molto suggestive,come del resto gli altari in un pomposo barocco tutto spagnolo che strideva col resto della chiesa da alcuni definite “un buon soggiorno”, e le passeggiate serali, da buoni turisti, nelle cittadine che visitavamo.

L’apice della giornata, sia per quanto riguarda lo stress fisico che mentale, lo si raggiungeva a cena; voi non potete neanche lontanamente immaginare quanto si mangiasse bene e quanto pieni e succulenti fossero i piatti che arrivavano a tavola. Eravamo più provati a fine cena che dopo sette ore di cammino. Da considerare che nonostante 112 chilometri percorsi a piedi e circa 6 ore di cammino al giorno alcuni di noi hanno avuto il coraggio di tornare con qualche etto in più. Un grazie anche alla “Cerveza”, la birra di Spagna, fedele compagna di viaggio.

Questo è stato il nostro pellegrinaggio, coronato da un arrivo trionfale al cospetto di San Giacomo (Santiago) che in una piazza immensa, dal suo splendente posto in cima alla Cattedrale, accoglie gente di ogni razza lingua e religione. Consegna della Compostela ad ogni pellegrino e messa solenne in Cattedrale al termine  di un cammino intenso di emozioni, sensazioni e anche di spiritualità.

A conclusione del pellegrinaggio gita a Finisterre, il punto più occidentale dell’Europa continentale che si lancia sull’Atlantico, con tanto di abbuffata di pesce e bagno nell’Oceano.

Rientro dolce con scalo a Barcellona giusto per gustare una paella dal nono piano dell’El Corte Inglés con vista panoramica sulla città e a fianco alle guglie della Sagrada Famiglia mentre il resto del gruppo (Stefanaconi più Mario Riccio), con scalo a Madrid, si beccava maltempo e ore su ore di ritardo.

Ecco, noi abbiamo percorso solo l’ultimo tratto del cammino (100 km su 800km), eppure, come faceva saggiamente notare in piazza l’altra sera Padre Natan, siamo tornati tutti carichi, entusiasti e contenti. Figurarsi a farne 800 di chilometri. La cosa più forte che ci portiamo dietro, quindi, oltre a questa gioia è la certezza che, caro San Giacomo, non finisce qui! Abbiamo fatto il giro di rodaggio. Ma presto ci rivedremo. Ad maiora!