Il nuovo lavoro di Vito Teti

PIETRE DI PANE

Un'antropologia del restare

 

 

Attraverso racconti, memorie, note di viaggio e

riflessioni, che si fondono in un romanzo

antropologico ambientato tra la Calabria e il

Canada, Vito Teti ricostruisce la complessità della

«restanza», senza nessun cedimento a un’estetica

dell’immobilismo e con una sofferta interrogazione

sul senso dell’erranza nell’epoca della

modernizzazione globale.

Vito Teti è ordinario di Etnologia presso la Facoltà

di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria,

dove ha fondato e dirige il Centro di Antropologie e

Letterature del Mediterraneo. I percorsi della

costruzione identitaria, il motivo della melanconia e

della nostalgia, l’antropologia dei luoghi e

dell’abbandono, il rapporto antropologia-letteratura

sono al centro della sua scrittura. È autore di

reportage fotografici e ha realizzato numerosi

documentari etnografici in Calabria e in Canada per

conto della Rai.

Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Il pane, la

beffa e la festa. Alimentazione e ideologia

dell’alimentazione nelle classi subalterne, Rimini-

Firenze, Guaraldi, 1976 (n. ed. aggiornata 1978); Le

strade di casa. Visioni di un paese di Calabria, (in

collaborazione con S. Piermarini), Milano, Mazzotta,

1983; La razza maledetta. Origini del pregiudizio

antimeridonale, Roma, manifestolibri, 1993; La

melanconia del vampiro. Mito, storia, immaginario,

Roma, manifestolibri, 1994 (n. ed. aggiornata 2007);

Il colore del cibo. Geografia, mito e realtà

dell’alimentazione mediterranea, Roma, Meltemi,

1999; Il senso dei luoghi. Memoria e vita dei paesi

abbandonati, Roma, Donzelli, 2004; Storia del

peperoncino, Roma, Donzelli, 2007. Ha curato i

volumi Mangiare meridiano. Culture alimentari del

Mediterraneo, Catanzaro, Abramo, 2002 e Storia

dell’acqua. Mondi materiali e universi simbolici,

Roma, Donzelli, 2003.

A volte i sassi hanno forma di pane. Bisogna

vederli, a una svolta di una strada biancheggiante,

cumuli di sassi che sembrano pani. Sono i sassi dei

torrenti, arrotondati e dorati. La prima idea è

quella del pane. Poi della pietra. E la fantasia

oscilla tra questi due estremi. Sono i mucchi dei

sassi trasportati dal greto dei torrenti e

ammucchiati per fabbricare la casa.

 

Corrado Alvaro, Pane e pietre

VITO TETI

PIETRE DI PANE

UN’ANTROPOLOGIA DEL RESTARE

«Odio i viaggi e gli esploratori, ed ecco che mi

accingo a raccontare le mie spedizioni». L’incipit di

Tristi Tropici di Lévi-Strauss è forse la frase più

celebre e più avvincente di tutta la letteratura

antropologica.

Nulla più dell’idea del «restare» potrebbe, quindi,

apparire estraneo alla storia del sapere etnografico.

Restare sembra l’antitesi del viaggiare, del mettersi in

discussione, della disponibilità al disordine, alla

scoperta, all’incontro.

Ma davvero l’idea e la pratica del restare sono

inconciliabili con l’esperienza antropologica? E,

soprattutto, è possibile pensare un viaggiare

separatamente dall’esperienza del restare, e davvero

il restare va accostato all’immobilità, alla scelta di

non incontrare l’alterità e di non fare i conti con la

propria ombra, il proprio doppio? Restare è

difendere un appaesamento o esiste anche una

maniera spaesante di restare che, a volte, può

risultare più scioccante del viaggiare?

L’avventura del restare – la fatica, l’asprezza, la

bellezza, l’etica della «restanza» – non è meno

decisiva e fondante dell’avventura del viaggiare. Le

due avventure sono complementari, vanno colte e

narrate insieme.

Restare, allora, non è stata, per tanti, una

scorciatoia, un atto di pigrizia, una scelta di

comodità; restare è stata un’avventura, un atto di

incoscienza e, forse, di prodezza, una fatica e un

dolore. Senza enfasi, ma restare è la forma estrema

del viaggiare. Restare è un’arte, un’invenzione; un

esercizio che mette in crisi le retoriche delle identità

locali. Restare è una diversa pratica dei luoghi e una

diversa esperienza del tempo.

In copertina: Salvatore Piermarini, Wolf Vostell «Happening nella città», Roma 1973.