Ci ha fortemente colpito il ricordo di Maurizio, marito della cara Maria Rosaria, durante il funerale. Ve lo riproponiamo perché, nonostante letto tra le lacrime, è un discorso di speranza e non di disperazione, di fede incrollabile e di coraggio.
Ricordo di un angelo
Alcuni giorni fa, Maria Rosaria stava guardando verso la parete della nostra camera da letto. A un certo punto sorride e mi dice “hai visto che forza?”. “Cosa?” gli chiedo io che non vedevo nulla di strano. Lei mi guarda e dice “sul muro… Sembrava che ci fosse il viso di Gesù”.
Io non so se quella sera vide veramente Gesù ma in fondo non mi stupirebbe. Ma volendo raccontare chi è stata Maria Rosaria, non potevo non partire dalla fede. La fede di Maria Rosaria era qualcosa di autentico, spontaneo, unico. Era un faro per chi gli stava intorno. Era la fede di chi spera nella guarigione, ma si affida ciecamente e totalmente alla volontà di Dio sicura che anche per lei c’è un disegno più grande - difficile da percepire - nella costruzione del Regno.
La fede di Maria Rosaria la descrive bene una preghiera che lei stessa ha scritto di getto non molto tempo fa sentendosi ispirata davanti a Gesù Eucarestia. Recita così:
No, non
voglio farmi questa domanda.
Non voglio chiedermi cosa ne sarà di me.
Voglio invece, nonostante il mio infinito limite, affidarmi completamente alle
Tue braccia distese.
Mi metto lì, nel tuo costato. Lì sarò al sicuro come tra le fenditure della
roccia.
Lì nulla mi potrà colpire.
Tra quelle pieghe piagate tu mi soccorrerai come sempre hai fatto.
Maria Rosaria era così: aveva imparato ad avere fede e, quando credeva di averne a sufficienza, capiva di dover avere ancora più fede, come se avesse da parte un serbatoio di Amore così grande da poter attingere fede e speranza senza limiti. E di quell’Amore ne aveva per tutti, tanto da convincermi che potevo farne parte anch’io.
Mi innamorai di lei per la sua fede che cambiava le persone, per la sua testardaggine nel perseguire gli obiettivi, per la sua determinazione nel fare progetti sempre più ambiziosi, per la sua voglia di scoprire la bellezza del mondo e per la sua capacità di perdonare.
Eppure io vedevo solo una parte di lei.
Maria Rosaria è come un quadro dipinto ad acquarello: se lo guardi troppo da
vicino vedi solo pennellate di singoli colori. Belli certo, ma insufficienti a
capire l’intera immagine. M se ti allontani cominci a vedere che i colori si
accostano… alcuni si fondono e tra le sfumature e i chiaroscuri finalmente vedi
un “disegno”.
La parte difficile, nella storia di Maria Rosaria, è stata proprio quella di
vedere il disegno… in questo caso di Dio. Il tempo che ci è stato donato dopo la
sua morte per piangerla e parlare di lei mi ha permesso di ascoltare tante
persone e scoprire che il Grande Pittore ha lavorato sapientemente per mettere
tutti i colori al loro posto.
Il mio angelo è morto tra atroci sofferenze… nulla le è stato risparmiato. Eppure ha avuto la fortuna di essere circondata da un affetto che non avevo mai visto in tutta la mia vita. No, mi correggo: non è stata fortuna. Maria Rosaria ha semplicemente raccolto tutto l’amore che era stata capace di seminare in 38 anni di vita.
Rosy era intelligente, sveglia, idealista, sognatrice, onesta, determinata, testarda (a volte troppo), altruista e tante altre cose che potrei stare ore ad elencare. E nonostante questo era un essere fragile che meritava di essere protetto… e ho provato a farlo! Per rendermi conto, poi che in realtà era lei a proteggere noi.
Maria Rosaria ha chiesto a ciascuno di noi solo quello che sapeva che potevamo dargli. Ha affidato a ciascuno la sua parte, come quando organizzava una cena e assegnava a ciascun commensale un piatto da preparare. Non ha mai preteso l’impossibile dal suo prossimo ed è per questo che tutti le volevano bene.
Alla fine ha avuto accanto a sé tutti gli strumenti per affrontare la prova più difficile. Gli strumenti eravamo noi, che l’abbiamo accompagnata sull’orlo del mistero e poi l’abbiamo lasciata andare via, nella coscienza che se ami qualcuno non lo leghi a te ma speri per il suo meglio.
A tenerla tra le braccia, in quel momento, c’era un marito che l’aveva scelta tra tutte… 6 anni fa ho accolto te, Maria Rosaria, come mia sposa e con la grazia di Cristo ho promesso di esserti fedele sempre, in salute e in malattia e di amarti e rispettarti per tutti i giorni della mia vita.
Ma non ero solo! Il Grande Pittore aveva
messo dietro di te due genitori eccezionali pronti a sostenerti ogni volta che
rischiavi di cadere: un padre fiero di tutto ciò che facevi e una madre che non
ti mollava mai neanche di fronte alle prove più dure.
C’erano le tue amiche del cuore, dolci quando serviva ma determinate quando
c’era da tirare fuori gli artigli per difenderti.
E poi c’era il mio grande alleato: la persona che ringrazierò in eterno per il
suo essersi fatta in 3: Cristiana.
Cristiana è stata una sorella: il suo legame con te superava le parole e
arrivava alla tua anima ogni volta che vi sfioravate. Cristiana è stata una
figlia forte: ha saputo consolare e dare forza a Bruno e Caterina per tutti
gli anni della tua malattia. Cristiana è stata un medico in prima linea:
ha avuto il coraggio e la forza di accompagnare te, la sua amata sorellona, alla
morte alleviando quotidianamente le tue sofferenze con professionalità,
intelligenza e tanto amore. Io ti stringevo tra le braccia, ma lei ti ha sempre
tenuto la mano.
Tutto questo non può essere un caso: il disegno di Dio su di te prevedeva grandi sofferenza ma voglio credere che anche Lui, come te, non avrebbe chiesto nulla che non fossi in grado di affrontare e ha usato noi come strumenti per accompagnarti in questo viaggio.
Ma gli strumenti, senza un’energia che li faccia muovere, servono a poco. L’energia che ha mosso me è stato il tuo amore, Rosy, puro, sincero e grande come grande era il tuo cuore. Tu mi hai chiamato “l’amore della mia vita” e hai raccontato che i miei abbracci ti hanno tenuta in vita, ma la verità è che tu hai tenuto in vita me contagiandomi con la tua capacità di sognare e con la tua forza che ti faceva rialzare dopo ogni caduta.
E di cadute ce ne sono state tante!
Chiunque si sarebbe arreso… ma tu no. Tu non perdevi tempo a chiederti “perché
sono caduta?”. Tu raccoglievi le tue energie e ti alzavi di nuovo e ancora e
ancora…
La resa non è mai stata un’opzione per te: hai affrontato i tuoi limiti e li hai
superati. Solo la morte poteva fermarti! Mentre noi volevamo proteggerti, tu ti
buttavi nella vita come una fiamma che continua a bruciare per dare calore a chi
la circonda pur sapendo che facendolo si consuma.
Mi sono innamorato di te per questo: perché stare accanto a te fa venir voglia di vivere.
Mi verrebbe da dire che abbiamo avuto solo 6 anni per vivere la nostra storia, ma tu mi correggeresti dicendo che ci sono stati regalati ben 6 anni per amarci. Tu mi hai insegnato a vivere il momento buono e a non rimandare niente perché non sapevamo quando sarebbe tornato un altro momento buono. Tu mi hai insegnato a vivere ogni piccola gioia come un dono perché il dolore e la sofferenza erano sempre in agguato. Tu mi hai insegnato a vivere.
Ho guardato il mondo con i tuoi occhi ed
ho imparato a meravigliarmi.
Ho guardato gli altri con la tua anima ed ho imparato a perdonare.
Ho guardato te con il mio cuore ed ho imparato ad amare.
A te non piaceva recitare formule fatte
di cui non si capiva il senso… tu andavi al significato delle parole. Ad
esempio, recitando il Padre Nostro, non dicevi “non indurci in tentazione” ma
“non ci abbandonare nella tentazione”.
Oggi voglio essere come tu mi vuoi e non dirò “Riposa in pace” perché “riposo”
fa pensare al sonno mentre, per un cristiano, partecipare alla gloria di Dio è
fonte di gioia inesauribile.
E allora ti dirò “Gioisci nella pace di
Cristo”, amore mio.
Salta, corri, balla! Celebra la vita in quel cielo che ti sei meritata!
Sii, se ti è concesso, il mio angelo e risplendi, come hai fatto in vita, della
Luce di Cristo.
Io, come promesso, continuerò ad amarti per tutti i giorni della mia vita.