2 febbraio 2012

La Candelora

foto di Gregorio Riccio

art. di Maria Galloro

SAN NICOLA DA CRISSA – Anche quest’anno, in occasione del 2 febbraio, la comunità sannicolese celebra la festa della Candelora, organizzata dalla Confraternita della Madonna del SS. Rosario. La statua di San Giuseppe, che tiene  in mano un canestro con due colombe offerte in voto, e la statua della Madonna, cinta da una ghirlanda di fiori, con in mano il cero e tra le braccia Gesù Bambino, sono accompagnate in solenne processione, tra tripudi di canti e inni sacri, dalla Chiesa del Rosario alla Chiesa Parrocchiale. Qui le colombe vengono liberate e si procede alla benedizione delle candele e alla celebrazione della Messa. Dopo la Messa, il corteo processionale fa ritorno dalla Chiesa Matrice alla Chiesa del Rosario, dove l’ingresso delle statue avviene tra la commozione e gli abbracci dei devoti.

Un breve tragitto, compiuto nei due sensi, che si fa tuttavia simbolico e diviene compartecipe di un pathos particolare che trascende qualsiasi artificiosità. Il richiamo è alla Presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme, di quel Cristo che è, come lo definì il vecchio Simeone in quell’occasione, “luce per illuminare le genti”. Un canto tradizionale del paese, intonato dalle donne, nomina per l’appunto il vecchio Simeone e collega questo rito locale a una più vasta tradizione religiosa, diffusa in tutti i paesi cattolici. La festa è anche detta della “Purificazione di Maria” e richiama l’usanza ebraica secondo cui una donna era considerata impura per un periodo calendarizzato di 40 giorni dopo aver dato alla luce un maschio, e necessitava di presentarsi al Tempio per purificarsi. Il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre.   

Per la comunità sannicolese, la Candelora, soprattutto nel passato, rappresentava la festa  religiosa più importante dell’inverno dopo il Natale; costitutiva un momento, forse l’unico della stagione, di ricostituzione “identitaria” non solo per i congregati del Rosario, che organizzano la festa ma, in definitiva, per tutta la comunità. Collocata esattamente nel tempo astronomico a metà inverno, essa cadeva, nel ciclo agreste delle Serre vibonesi, nel pieno della stagione più fredda preannunciandone però allo stesso tempo la fine, distante solo 40 giorni, come si dice ancora oggi in paese. È quindi un momento di passaggio, nel tempo ciclico, tra l’inverno che è buio e morte e la primavera che è luce e risveglio; e in quanto tale celebrato con la purificazione e la preparazione alla nuova stagione. Attraverso questo percorso che vede come termini polari, di partenza e di arrivo, le due chiese del paese, si rinnovava la speranza di una stagione agropastorale feconda e di una rinascita sperata e voluta. Non solo momento liturgico dunque, ma rito di propiziazione divina per un intero anno produttivo. A guidare la preparazione alla rinascita la presenza della flebile fiammella della candela, del fuoco dunque, elemento propiziatorio per eccellenza. Memoria di questo rito di fine anno e inizio nuovo anno è il proverbio “De la Candilora – L’urzu nesce fora”, ancora in uso nel paese, dove, con ogni evidenza, l’orso indica l’inverno, il periodo buio e improduttivo, che va via. Prima della cerimonia, davanti alla Chiesa del Rosario vengono distribuite centinaia di candele che sono tenute in mano dalle persone, e con allegria, dai tanti bambini. Le candele benedette verranno poi, ancora oggi,  usate, secondo le necessità, per tutto l’anno, portate a casa e custodite come elementi apotropaici e protettivi di tutto lo spazio domestico. Verranno accese soprattutto in occasione di temporali, quando si recitano anche delle preghiere per fare cessare la pioggia. Permane ancora la tradizione di disfare, e custodire per il prossimo dicembre, il presepe allestito nelle case e in alcuni angoli suggestivi del centro abitato per celebrare la Natività.

Anche se il paese ha conosciuto una forte emigrazione a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, l’appuntamento con questa tradizione religiosa si rinnova e si carica di un nuovo significato grazie al ritorno, proprio in questa giornata, di molti sannicolesi che vivono ormai lontano dal paese.