04/02/05 - In ricordo di Galati Vittoria

Venerdì 4 febbraio. Oggi pomeriggio, sotto i raggi di un sole volenteroso, ma impotente a vincere il gelo della tramontana, abbiamo accompagnato nel suo ultimo viaggio Vittoria Galati. Dietro il carro non c’era la folla dei funerali importanti, ma nemmeno, grazie a Dio, il chiacchiericcio insolente che di solito sconcia i nostri lutti. Solo un piccolo drappello di persone, per lo più donne, la maggior parte delle quali in preghiera. Credo che Vittoria sia stata più contenta così.

Eppure dentro quel carro che attraversava le nostre strade c’era qualcuno che probabilmente ha fatto al paese più bene di tanti che hanno avuto funerali più affollati. Ce lo ha fatto intendere all’omelia della messa don Peppino Fiorillo, assistente della casa di riposo in cui Vittoria ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Don Peppino ci ha raccontato che Vittoria trascorreva le sue giornate pregando, e che dedicava le sue preghiere alla sua San Nicola, ai suoi compaesani. Forse molte delle cose buone che ci capitano le dobbiamo anche alla preghiera instancabile di questa piccola vecchia donna.

Non aveva dimenticato il suo paese, Vittoria, non aveva dimenticato la sua chiesa, il suo Crocifisso, la cui immagina campeggiava a capo del suo letto. Ella aveva confidato – ha raccontato don Fiorillo – il suo desiderio di tornare a pregare qui in uno dei venerdì di Marzo. Gesù Crocifisso l’ha preceduta, e l’ha chiamata presso di sé con un mese di anticipo.

Vittoria la conoscevamo tutti noi che frequentiamo la chiesa. Era quasi un pezzo dell’arredo, come il fonte o  l’ambone. A certi orari eri sempre certo di trovarla seduta al suo posto con la corona in mano, in adorazione davanti all’Eucaristia. Ora abbiamo saputo che negli ultimi tempi della sua vita la preghiera assorbiva quasi interamente le sue giornate.

Certo, non era un carattere privo di vivacità, una personalità spenta.  Aveva le sue passioni ed i suoi scatti. Guai a chi le toccava la Congrega, per esempio. Era capace di alzare la voce con tutti su questo, anche coi preti, verso i quali peraltro aveva una venerazione autentica. Però, smaltito il momento di passione, sapeva fare ammenda e chiedere perdono, con umiltà, con semplicità, col cuore in mano.

Vittoria è passata in mezzo a noi, come tanti altri uomini e donne, insignificanti nell’aspetto, privi di dottrina, poveri di mezzi, ma carichi di una ricchezza interiore fatta di preghiera, di pazienza, di adorazione, che dobbiamo solo ammirare e di cui possiamo solo sforzarci di cogliere il segreto. È per le persone come lei che la Congrega deve ringraziare Dio, come ha suggerito don Peppino: “Questo non è un funerale – ha detto – ma è una gloria”. Una lode a Gesù per essersi coltivato, tra le faticose pietre di San Nicola, un’anima che lo ha adorato con sincerità.

Cara Vittoria, ricordo con quanto amore custodivi nella tua casa “i panni della Madonna”, gli abiti dell’Addolorata, il manto di Mater Domini. Mi piace pensare che anche la Madonna abbia tenuto in serbo per te l’abito che hai amorosamente ricamato coi tuoi rosari, le tue adorazioni, le tue opere di carità, e che sia venuta proprio Lei a rivestirtene, quando hai riaperto gli occhi nell’eternità, prima di condurti ad adorare, per sempre, il Crocifisso glorioso che hai amato tanto.

Nel tuo giorno infinito, piccola grande Vittoria, continua a pregare per la tua gente.

 

Domenico Teti