Giorno 9 settembre a Tropea si festeggia la Madonna di Romania, protettrice della città. Ormai è tradizione che il quadro della Madonna portato in processione per le vie principali di Tropea venga venerato e accompagnato, oltre che da una folla immensa, anche da molte confraternite della nostra Diocesi. Così anche quest'anno le confraternite di San Nicola da Crissa hanno partecipato alla solenne processione. A Tropea era presente per un convegno sui terremoti il prof. Vito Teti, grande studioso delle tradizioni popolari della Calabria. Oltre alla foto scattata da un amico di Vito Teti, il prof. Aldo Presta, vi invito a leggere la storia della Madonna di Romania e capirete il motivo dell’attaccamento morboso dei tropeani a quest’effigie.
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DELLA
PRODIGIOSA VENUTA IN TROPEA DI UN
ANTICHISSIMO QUADRO
DELLA BEATISSIMA IMMACOLATA VERGINE
DETTO DELLA ROMANIA
Scritta per ordine
dell'illustrissimo
e reverendissimo Vescovo
D. Luigi Vaccari
dal Sacerdote
Giuseppe M.a Barone
(1876)
Nell'antica nobile e fedelissima
città di Tropea, la cui conversione al Cattolicesimo risale ai primordii
medesimi dell'Era Cristiana, come la sua fondazione si perde nelle
epoche favolose, si venera un'antichissima immagine della Madre di Dio e degli
uomini su tavola incorruttibile, e quivi arrivata per via affatto prodigiosa.
Fuvvi tempo, in cui in Oriente la potenza di un Imperatore, di Leone Isaurico,
proscrisse il culto delle sacre immagini malgrado che s. Germano,
dotto e zelante Patriarca di Costantinopoli e capo della Chiesa Orientale, gli
si opponesse e ne stigmatizzase la nuova dottrina e colla parola, e collo
scritto, e col soffrire deposizione, oltraggi e pene di tutte sorti; malgrado
che il decreto imperiale venisse opposto e contraddetto nell'Oriente
istesso; malgrado che l'Italia (Impero occidentale) calpestasse ed
infrangesse in vece le immagini e le statue medesime dell'Imperatore, e tenesse
in maggior venerazione quelle di Gesù Cristo, di Maria santissima e dei Santi;
malgrado, che il Papa Gregorio II non cessasse di anatemizzare il fiero
Iconoclasta disprezzando e mettendo in non cale le insidie, che costui, come
persona rotta ad ogni vizio veniva tendendo alla sua vita, le sante
immagini finirono in quel vasto Impero per essere gittate, rotte, calpestate,
arse, vilipese.
Dalla Romania, e propriamente da Napoli di Romania, provincia
dell'Impero Ottomano, veleggiava pel mar Tirreno un pilota, il quale avea presso
di sè l'immagine, onde è qui parola, scampata dal crudele editto.
Prospero era stato il viaggio; lasciando le coste di Romania aveva
felicemente corso il mare Egeo, l'Arcipelago Greco ed il mare che mugghia fra
Scilla e Cariddi. Portato nelle acque che lambiscono le mura di Tropea vide
divenire immobile nel mobile elemento la sua nave, comechè sereno fosse il mare,
secondo il venticello; comechè s'avesse spiegate tutte le vele, e non impacciata
la via da secca alcuna, o da alcun bassofondo. Cercò allora di dare un nuovo
abbrivo; raddoppiò di mezzi e di sforzi; esaurì ogni sua potenza. Fu ogni cosa
inutilmente sprecata. La nave divenne saldissima torre. L'inesplicabile caso
sbalordì il povero pilota ed in uno impensierì i tropeani, che da più di un
giorno ne miravano la novità. Il Magistrato che reggeva la cosa pubblica in
Tropea pensando, che qualche sinistro avesse incolto il legno, mandava ad
offerirgli il suo soccorso. Allora il pilota di rimando diceva << Che a modo suo
di vedere la sua nave non era ivi trattenuta da forza naturale; ma che in vece
volontà affatto divina in quel punto ne la inchiodava; che portando egli
un'effigie di Maria SS. presentiva, che la Madre di Dio aveva scelto per la sua
stanza la Città, che stavagli di rimpetto >>.
In men che il dico la novella fece il giro della Città. Lieti, lietissimi, il
Vescovo, ed i cittadini d'ogni ordine senza por tempo in mezzo corsero alla
marina, e nell'estasi della consolazione si ricevettero la sacra immagine, qual
pegno di speciale predilezione; quindi processionalmente fra gl'inni ed i
cantici dell'allegrezza in sulle braccia la portarono al Duomo, e depositaronla
nel Coro, ove il Capitolo era obbligato a salmeggiare tre volte al dì.
Il quadrante del tempo era per segnare quel momento, in cui doveasi scoccare
un dardo della vendetta divina. Una stilla dell'arroventato calice della
giustizia di Dio era per versarsi sulle belle contrade calabresi, i cui falli
avevano colma la misura segnata dalla divina misericordia. Era anco per arrivare
il momento, in cui la Madre di Dio dovea mostrare il pregio di sua protezione
alla città che prescelse per sua; si presentò perciò in sogno al devoto Vescovo,
che allora reggeva i religiosi destini della tropeana Chiesa; gli predisse il
prossimo divino gastigo ed ordinò, che sul massimo altare della Cattedrale
collocasse la sua immagine, da sì lontana parte venuta, coll'espressa
dichiarazione, che sarebbe perpetuamente lo scudo e la difesa della sua Tropea.
Destatosi il buon pastore giudicò per vana la visione notturna, quantunque in
essa ben si sapeva che Dio a quando a quando suole parlare ai figliuoli
dell'uomo. Si replicò il sogno la seguente notte; ma non mutò di giudizio il
Vescovo. Quando non più placida e serena, ma fra dispiacenza e sollecitudine
atteggiata il volto, Maria apparve la terza notte, afferrò pel braccio il
Cordova e con voce sollecita e severa gli rinnovellò il comando, ne
ripetè le promesse. Tutto spaventato si svegliò allora il Vescovo; riconobbe ad
evidenza la gravezza dell'obbligo impostogli, e per meglio sdebitarsene indisse
una pubblica e solenne processione di penitenza, girandosi per tutte le vie
della Città la sacra Immagine prima che la s'acconciasse sull'altare maggiore,
ove oggi è sita. In quello in cui era di ritorno la processione, e propriamente
in quello in cui si era giunto dinanzi al Monte di Pietà a pochi passi del
Duomo, la terra tremò di un moto spaventevole, teterrimo; d'un moto che adeguò
al suolo palagi, e tegurii sepellendo a migliaia morti e morenti nelle città e
nelle borgate vicine e lontane. Solo di Tropea non cadde una pietra, non si
pianse una vittima. Da questo giorno, che fa il 27 marzo del 1638,
la divozione dei tropeani inverso Maria SS. della Romania è venuta
sempre crescendo; da questo giorno le Cronache tropeane presentano una dolce
gara fra Maria, che versa a piene mani le sue grazie su di Tropea, e Tropea, che
si studia con tutte le forze ad onorare Maria di un culto special; fra Maria,
che non lascia dal dichiarare per città tutta sua Tropea, e Tropea, che non
finisce di venerare e bandire ai quattro venti per sua madre Maria; da questo
giorno sì memorando possiamo noi tutti ridire i favori, onde Maria è stata ed è
tuttora larga inverso Tropea? Non è la divozione per tanta divinissima Madre,
non è la carità pel natio luogo, non il piacere della propria gloria, che ci
potesse mai far peccare d'iperbole. No! Se inorgogliamo per tanta predilezione,
non per questo mentiremmo; non per questo alteremmo d'un iota quei fatti, che
son pur conti a vicini ed a lontani, ed autenticati in cento e mille guise; quei
fatti, che alla giornata si rinnovellano. Quante volte la ferrea mano di Dio
s'aggravò sulle nostre province? Quante volte si videro al tremar della terra
aprirsi spaventevoli voragini e rimanere ingoiate città e villaggi? Quante volte
la civil discordia arrecò intorno a noi lo spavento ed il lutto? Quante volte i
morbi e le pesti fecero delle città nostre vicine tante tombe? Quante pubbliche
calamità le Cronache calabresi non hanno registrato? Chi ricorda mai? In qual
memoria troverà scritto che Tropea ebbe a soffrire cosa infra tanta congerie di
mali? La sarebbe in vece opera di grossi volumi individuare tutte le grazie e
pubbliche, e private concesse ai suoi tropeani da Maria SS. della Romania.
Di tutto ciò che siamo venuti asserendo ci si domanderà certamente le pruove
da un secolo, il quale, perchè corrotto, tenta di spargere di dubbio, se non di
ridicolo le verità più salde e più loculente di nostra sacrosanta Religione; da
un secolo, che non saprebbe credere sull'altrui parola. Però, buon per noi, che
ad ogni sillaba del nostro asserto possiamo assegnare una pruova. Gli scrittori
delle cose patrie, la tradizione, i monumenti, la storia contemporanea, che noi
v'invocheremo in testimonianza, i fatti presenti visibili a tutti, che saremo
per soggiungere, son tale cosa da persuadere anco colui di cui si disse <<
Etiam cum persuaseris non persuadebis >>.
La Tradizione
Noi vecchi abbiamo raccolto ciò che solennemente asseriamo dalla bocca dei
nostri genitori, i quali nel accontarcelo, quando ci avevano attorno a loro
raccolto, commovevansi fino alle lacrime e ci asserivano che colla medesima
emozione l'ebbero narrato dai padri loro, da cui avevano anco imparata la
canzone, che celebra il fausto avvenimento, come ad un simbolo di fede.
E noi come a sacro deposito abbiamo già tutto trasmesso nella mente e nel cuore
dei nostri nipotini, cui, se fu Maria il primo nome che insegnammo a balbutire,
fu a Maria della Romania che facemmo consacrare i primi moti del tenerello
cuore, e la divozione e la riconoscenza a tanta celeste predilezione, sarà
l'ultima parola che essi ascolteranno dal nostro labro moribondo. Il dovere di
narratore ci nega di poter ricordare i caratteri della tradizione e dimostrarli
tutti avverati nella nostra, comechè di buona veglia vi avremmo messo mano
all'opera, perciò ci è giuocoforza progredire sul semplice nostro assunto.
La storia contemporanea
Non ricordiamo, perchè cosa ben nota a lontani ed a vicini, la
protezione, che Maria SS. della Romania accordava a Tropea quando allo scorcio
del secolo passato Dio gittò uno sguardo disdegnoso su questa estrema parte
delle Calabrie e la terra tremò spaventevolmente di tutt'i moti, ondolatorio,
sussultario, vorticoso, di compressione, di rimbalzo; ed al primo muoversi della
terra il 5 febbraio del 1783 crollarono o rimaser cadenti gli edifizii delle
città vicine, furono seppelliti meglio che 30000 morti e più che il triplo
numero di morenti invocava sotto le macerie come a sollievo la morte; e Tropea
sola non vide crollate le sue vetusta mura, nè caduti i suoi palaggi; ella sola
non pianse una vittima. Non ci è possibile in breve scritto ricordare tutti gli
altri tratti di protezione accordata in tutte le calamità, che quell'epoca
memoranda seguirono. Fermiamoci ai tempi a noi più vicini. Il 1837 da Napoli,
afflitta e decimata dal colera asiatico, approdava al nostro lido una nave a
vela, carica di fuggitivi la ferocia del prepotente morbo. Quantunque in
apparenza ottima la salute di tutti essi e partiti a molti giorni dalla città
appestata, pure si pensò collocarli in luogo di osservazione; poichè la scienza
non è ancora giunta a conoscere i morbi nello stato d'incumbazione.
Nell'esperimento ammalò di colera Antonia Romeo; ammalò e si muorì. Fu quello un
momento di perplessità suprema pei tropeani. Temeva ognuno che il caso non
rimanesse solo; si volsero perciò tutti a Colei, sotto la cui tutela promise di
tener sempre Tropea, a Maria SS. della Romania, votandole un bel lampadario
d'argento, il quale pende dinanzi la sua effigie testimone dell'ottenuta
liberazione. Il desolante morbo non cessò di ripetere le sue più che moleste
visite non solo a Napoli, ma a città ed a terre a noi vicinissime. Però Maria ne
serbò sempre incolume la sua Tropea. La serbò il 1868 quando il colera stava
proprio per essere intromesso infra le sue mura. Vincenzo Annaccarato nostro
concittadino, giunto a Pizzo affetto già di colera, s'avviò pella sua patria col
proposito di entrare di soppiatto in propria casa. Era giunto fino alla fiumana
della Grazia, luogo dalle mura della città distante non più che mezzo
chilometro, quando l'asino che il portava s'arrestò; nè valsero tutte le spinte
e le frustature date dal condottiero con tutta la sua forza a fargli dare un
passo innanzi. Lo si fece riposare supponendolo stanco, quindi si ritornò
all'impegno; ma la si fu tutta opera sprecata in vano: l'asino era divenuto di
macigno. All'Annaccarato mancavano le forze a proseguire coi proprii piedi
quell'ultimo tratto di via. Fu mecessità al condottiere dell'asino di rifare la
sua strada precipitosamente per non rimanere in contumacia, e l'asino si prestò
a meraviglia a fargli divorare la via; fu quindi mestieri all'Annaccarato di
scoprire il triste caso. Se dall'autorità municipale si corse in su il luogo, si
riconobbe affetto di colera il malcapitato, e lo isolò in una casetta rurale
colà stesso sita in uno a Romana Meligrana, sua suocera, venuta in
aiuto del genero; dal popolo si ricorse alla sua ordinaria divina difesa. Esso
finiva in tutte le ore del giorno dinanzi all'effigie miracolosa della sua
Madonna della Romania e commosso pregava, pregava. L'Annaccarato intanto finiva
di vivere, s'ammalava la Meligrana. Ognuno avrebbe paventato in vista del male
che propagavasi; ma il cuore di ogni tropeano era più fidente dell'istraelita a
canto dell'arca del Signore. Egli sperò che non avesse demeritata quella
protezione che in ogni tempo Maria per mezzo del Cordova gli avea promessa, e
non in vano si sperava. Morta la Meligrana, il male s'arrestò. Chi, se non Maria
SS. della Romania liberò anche questa volta la sua Tropea da sì pestifero
malore? Oh! lo sanno i tropeani che per tanta visibile accordata protezione
ancora le rendono sentitissime azioni di grazie! Finiamola! Diremmo breve e
meglio di qualunque prolissa narrazione, se in tutte le calamità facciamo dire a
Tropea una laconica parola, se le mettiamo in bocca questo sol motto << Son
protetta da Maria, nessun mi tocca >>.
I fatti presenti visibili a tutti
Se evvi qualcheduno, che leggendo questa storica narrazione fosse tentato
di accusarci di troppo entusiasmo, noi non lo rimanderemmo a leggere tutta
questa medesima istoria ristretta in tre leggende ed in due inni
approvati pella recita del divino uffizio del Clero di Tropea, a domanda del
dottissimo Vescovo De Simone, dal Pontefice di Maria Immacolata, dal Pontefice,
che non morrà, da Pio IX; lo pregheremmo in vece di sospendere per un momento di
giudicarci. Venga a Tropea, osservi prima e poi..... pronunzii il suo verdetto.
Osservi prima come la divozione dei tropeani inverso Maria SS. della Romania non
è speciale, ma specialissima. Prima di recarsi al Duomo a venerare sì insigne e
cara reliquia, giri tutte le nostre strade, chè troverà l'immagine della Madonna
nostra dipinta sulle esterne pareti delle nostre case, dinanzi a cui la sera
ardendo una lampada, si raduna la gente volgare a sciogliere la sua prece.
Penetri nelle nostre stanze ed in ognuna troverà l'effigie della Madonna della
Romania; la troverà sulla persona di tutti, che quall'egida noi portiamo notte e
giorno. Ovunque s'imbatterà in un tropeano, egli senza tema di fallire a questo
segno può ben ravvisarlo meglio di quello che puotevasi riconoscere dal tau
l'ebreo. Ovunque incontrerà qualche piccola colonia tropeana, ivi vedrà eretto
un altare alla Madonna della Romania. Osservi il nostro
abbigliamento e troverà le vesti delle donne del colore dell'abito, ond'è
vestita l'immagine che veneriamo; il petto degli uomini coverto dell'istesso
panno. Guardi tutti noi quando processionalmente accompagniamo sì
splendido simulacro; chè ci vedrà più riverenti e raccolti dappresso l'immagine
della Madre, che seguendo il sacrosanto corpo del suo dilettissimo divino
Figliuolo. Se ci mira nel volto commosso a quell'angusta presenza, apprenderà
quanto amiamo questo inestimabile tesoro; se nei piedi o ignudi, o
coverti di sola calza, nel portamento umile e dimesso di tutta la persona, saprà
quanto il veneriamo. Interroghi del loro nome le nostre donne e ne troverà una e
due in tutte le famiglie fregiate di quello di Romana in ossequio della Madonna
della Romania. Tratti alla dimestica con tutti noi. Si incontrerà
in molti che bestemmiano il nome SS. di Dio e dei Santi suoi, ma non in uno che
bestemmiasse il dolcissimo e divinissimo nome di Maria della Romania.
S'imbatterà in taluni dinanzi ai quali Lutero, Calvino, Voltaire, Rossau,
Strauss, Renan, e tutt'i corrifei dell'empietà appariranno un nonnulla. Essi gli
diranno di tali cose, da fargli credere che la loro miseredenza non ha pari.
Ebbene a tutti costoro, niuno escluso, pronunzii il solo nome di Madonna della
Romania e vegga, se non piegheranno per riverenza il capo; vegga se sulla loro
persona non hanno la sua immagine; avverta se vogliono quistioni su questa loro
divozione. Avvicinisi ora all'altare sul quale, come a suo trono, è sita sì
mirabile effigie. Se gli atti della santa visita del Vescovo D. Girolamo De
Rusticis, il quale resse la nostra Chiesa sono ormai tre secoli, ci attestano
che Maria SS. della Romania s'aveva a sè devota la città, e tre secoli dietro
non era ancora apparsa al Cordova, cui prometteva eterna la sua protezione
inverso Tropea; la riconoscenza dei tropeani a tanto singolare favore lungi di
essere attenuata dal progresso del tempo, è venuta sempre più a rinvigorirsi;
vegga ognuno la continuazione di questo asserto nei ceri ardenti, onde troverà
sempre circondata la nostra effigie, espressione del nostro amore e della nostra
riconoscenza per Lei, che elesse per sua sede la patria nostra; vegga su quell'ara
benedetta sempre sacerdoti che celebrano il gran sacrifizio od in rendimento
delle grazie ricevute, o per impetrarne nuove; vegga fra gli altri voti, di cui
quel quadro è adorno, la bella e ricca collana, che il nostro buon Pastore D.
Filippo De Simone regalava alla Madonna nostra, sciogliendo così il voto, che a
Lei faceva, quando caduto nelle vicinanze di Acri sua patria in mano di un'orda
brigantesca, non è ancora compiuto il terzo lustro, si rivolse col cuore, chè
nel potea col labro, a Maria SS. della Romania, le domandò la sua liberazione e
ne venne prodigiosamente liberato senza soffrire onta, disagio o danni
pecuniarii, senza essere rimasto in mano a quei masnadieri che una brevissima
ora; vegga dinanzi al suo altare quanta gente prega grazie, e quanta ringrazia
delle grazie ricevute; vegga quando il tropeano profferisce il nome di Madonna
della Romania, od il sente profferire; vegga quando ne guarda l'immagine, quando
gli occhi dei figli s'incontrano in quelli della madre, gli occhi di Maria in
quelli dei suoi beniamini; vegga...... chè dirà: Che Maria è tutta di Tropea,
e Tropea tutta di Maria.
Amico, chiunque tu sii che leggerai questa storica narrazione, se ti viene a
sospettare di sua esattezza, ti preghiamo: Vieni tu stesso a Tropea, osserva coi
tuoi occhi, tocca colle tue proprie mani; vieni, guarda tu stesso il quadro
della Madonna nostra, fisa i suoi occhi; essi son parlanti; essi ti diranno come
sono aperti e vigili su di Tropea; fisali, chè ti molceranno il cuore ad un
santo affetto; fisali, chè rimarrai anco tu di lei innamorato.