Dal Quotidiano del 16/02/2006

 

San Nicola. Parla il sindaco responsabile Enti locali dei Popolari-Udeur
L'acqua è una risorsa pubblica
Pasquale Fera richiama l'esigenza di scelte partecipate


SAN NICOLA DA CRISSA - Due problemi di fondo sono al centro delle politiche dei comuni: l'acqua ed i rifiuti. Si tratta di questioni di starordianria importanza sotto molti profili. Sono, infatti, in ballo nodi rilevanti di ordine politico, economico e sociale. Investono non soltanto i diritti e gli interessi dei cittadini ma la sostanza della politica, interessi corposi, multiformi e magmatici che, in molte occasioni, sforano i confini della sana imprenditorialità.
Sull'argomento è intervenuto il sindaco di San Nicola da Crissa Pasquale Fera (responsabile provinciale degli Enti locali per i Popolari - Udeur).
«È importante - ha detto il primo cittadino - che la società, le forze politiche, Comuni ed istituzioni territoriali abbiano rilanciato con forza alla attenzione della pubblica opinione problemi sui quali scelte politiche oscurantiste, interessi grovigliosi, sostenuti dalla pseudo ed incombente cultura della "modernità" e delle privatizzazioni a tutti i costi, avevano determinato, insieme ad impenetrabili banchi di nebbia, la sostanziale rinuncia degli enti locali a svolgere con trasparenza il proprio ruolo: l'interesse pubblico. La mano dei privati in nome dell'economia, dell'efficienza degli investimenti ormai ha fatto "cultura" e lasciato un segno pesante condizionando comuni ed istituzioni». Secondo l'amministratore deve fare riflettere l'azione pressante del fronte sociale verificatasi nei giorni scorsi in Campania che ha indotto i 136 sindaci dell'Ato 2 Campania a revocare una delibera del 23 novembre 2004 che precedeva la gestione ai privati per il tramite di una società mista. Deve fare riflettere - ha aggiunto - l'esperienza di Latina, dove in quattro anni di privatizzazione i costi per l'utenza si sono triplicati, inducendo i comitati civici a portare in piazza migliaia di persone. Acqualatina, la società che dal 2001 gestisce il servizio idrico, è partecipata per un 49% da privati. Oltre ai rincari, i comitati contestano al gestore scarsa trasparenza nelle scelte strategiche, la carente manutenzione degli impianti, la mancanza di una politica degli investimenti e la propensione ad attribuire stipendi d'oro ai dirigenti che ha scavato un buco da 15 milioni di euro nei bilanci. Comitati agguerriti anche in Toscana che fu la prima regione ad aprire ai privati. Qui il movimento che ha raccolto 43 mila firme su un testo di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell'acqua, è diventato un soggetto negoziale che dialoga con le istituzioni (dall'Unità del 1/02/2006). Deve fare riflettere, infine, che forse l'unica cosa di sinistra concessa a Fausto Bertinotti nel programma dell'Unione è l'inserimento della rinazionalizzazione delle acque».
Un fatto politico chiede a tutti di essere letto per gli elementi reali che lo compongono e per la portata epocale delle contraddizioni che finisce per evocare.
«Anche se con contenuti diversi - ha aggiunto Fera - vedo una costante nelle mobilitazioni dei Valsusini, in quelle dei Lucani contro i siti di stoccaggio radioattivi, in quelle dei Reggini e Messinesi contro il Ponte sullo Stretto e in quella dei napoletani contro la privatizzazione dell'acqua. La politica non può permettersi il lusso di continuare ad ignorare quella costante. Essa pare suggerire che il tempo delle decisioni dall'alto, specie quando incidono nella carne viva dell'immaginario di un territorio, è irrimediabilmente scaduto. La percezione del peggioramento della qualità della vita - ha proseguito Pasquale Fera - derivante da certe scelte, mobilita trasversalmente e produce risposte di difesa da parte delle comunità interessate. Non si governa contro il volere della propria comunità. Alla politica spetta, talvolta anche il compito di scelte impopolari ma nessuno, specialmente nel centrosinistra, può teorizzare il divorzio più sordo dalla possibilità di ripensare sfide vitali, come la gestione delle acque, con soluzioni tecniche che non mischino vita e profitto. Non ha mai immaginato che essere riformista dovesse richiedere come obbligo di appartenenza cecità, sordità e impossibilità di riscrivere strategie di sviluppo. Posso dire "no grazie" e ritenere che scelte partecipate siano sempre preferibili o tutto ciò è poco moderno agli occhi poco disinteressati del partito dei consigli di amministrazione?»
La nota termina così: «C'è un futuro da costruire in cui le persone non valgano meno dell'incremento di un dividendo azionario. Una politica degna di questo nome deve trovare il coraggio di compiere passi in questa direzione ricordando che il mercato non è sempre l'unica ricetta possibile e l'acqua è e resterà sempre un bene pubblico e collettivo».