Dal Quotidiano del 30 agosto 2006
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San Nicola. Concluso l'atteso convegno organizzato dalla Confraternita del
Santissimo Crocifisso
La Chiesa,
baluardo contro la mafia
Negli ultimi due anni si sono verificati oltre 300 attentati
SAN NICOLA DA CRISSA -
Nel convegno che si è tenuto nei giorni scorsi "Chiesa, speranza contro la
mafia", diversi sono stati gli aspetti emersi sui quali le istituzioni è bene
che diano delle risposte. Infatti l'importanza del convegno (organizzato dalla
Confraternita del Santissimo Crocifisso, alla sua seconda edizione con lo slogan
"La Calabria nel cuore"), si evince dal valore culturale, istituzionale e
politico dei relatori. Sono intervenuti personalità come il magistrato
Ferdinando Imposimato, Maria Grazia Laganà (commissione Affari sociali) e moglie
di Francesco Fortugno (vittima il 6 ottobre del 2005 a Locri della criminalità
organizzata), Enzo Ciconte (commissione parlamentare antimafia), profondo
conoscitore della 'ndrangheta. Accanto a loro uomini che si sono battuti e
continuano a battersi contro la sottocultura che genera degrado umano e sociale,
a cominciare dal presidente del Goel (il consorzio delle cooperative della
Locride nato grazie al magistrale lavoro svolto da mons. Giancarlo Maria
Bregantini) Vincenzo Linarello, al parroco di Stefanaconi don Salvatore
Santaguida, al cappellano della Polizia di Stato padre Francesco Lorenzo. Ed
infine perché inaspettata e per sottolinearne la notorietà, il criminologo
Francesco Bruno (docente di Psichiatria forense e Criminologia alla facoltà di
Medicina Università "la Sapienza"). Gli interventi sono stati coordinati dal
giornalista del Tg3 Rai Pietro Melia, il quale ha dato un importante contributo
al dibattito, in virtù della sua decennale esperienza come protagonista
dell'informazione per questa triste pagina della storia calabrese.
La Chiesa rappresenta un "baluardo" contro la criminalità. Questo ruolo è stato
sottolineato da tutti. Ma ha bisogno del supporto da parte dell'intera comunità,
così come lo Stato ha bisogno della collaborazione dei cittadini. Basti
ricordare la scomunica e l'attacco diretto che papa Wojtyla ha rivolto contro i
mafiosi ad Agrigento nel 1993, come ha opportunamente ricordato l'on. Laganà.
E' stato lo stesso giudice Imposimato a richiamare il fatto che negli ultimi
decenni la Chiesa si sia schierata contro i mafiosi, mentre in precedenza aveva
scelto la strada del silenzio, o addirittura della complicità, anche se
indiretta, come è successo in Sicilia. A tal riguardo ha fatto esplicito
riferimento ad alcuni passi del Vangelo, in particolare alle Beatitudini, in cui
Gesù richiama tutti alla giustizia: "Beati coloro che hanno fame e sete di
giustizia". Per la giustizia non si può prescindere dalla legge, come aveva
affermato il padre della retorica, Cicerone: "Siamo tutti servi della legge per
essere uomini liberi". Quindi il rapporto tra giustizia, religione, società, ha
osservato il magistrato, è fortemente presente nella Bibbia. E' necessario
riaffermare il rispetto della legalità. Proprio per questo Imposimato ha
ricordato il sacrificio di molti magistrati e uomini dello Stato e che anche la
sua famiglia è stata vittima della violenza omicida della mafia quando nell'83 è
stato ucciso il fratello. Ha rilevato che soltanto dopo la morte di alcuni
alfieri della giustizia come il generale Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, La
Torre, per citarne alcuni tra i più conosciuti, il Parlamento ha approvato
alcuni provvedimenti fondamentali per la lotta alla mafia, come la legge che
prevede la confisca dei beni mafiosi, che porta il nome di Rognoni-La Torre.
Così come, ha dichiarato, «non è più possibile che i magistrati stiano sempre in
un posto, come i procuratori della Repubblica» (Melia a tal proposito ha
opportunamente ricordato come a Locri fino a quando è rimasto un procuratore (16
anni) tanti fatti criminosi sono rimasti impuniti). Imposimato poi si è
soffermato sulla lotta alla 'ndrangheta, ritenendola «l'organizzazione criminale
più potente e più difficile da combattere, ed una forza economica, politica e
militare che fa paura». Ma i segni positivi danno speranza. La reazione
all'omicidio Fortugno da parte dei ragazzi è un esempio importante da cui
partire. Per ciò è fondamentale rafforzare l'istituto che prevede la confisca
dei beni ai mafiosi e dei loro affiliati rilevando che il governo Berlusconi ha
cercato di farne perdere l'efficacia». Insomma, secondo il giudice Imposimato ,
è di estrema importanza che ci sia un lavoro da parte di tutte le istituzioni e
dei cittadini, da parte della Chiesa, dell'informazione e della scuola per la
formazione delle coscienze civili e «rinnovare il modus vivendi» anche in virtù,
ha rammentato infine il magistrato, della convenzione dell'Onu del 2004 dove la
mafia è ritenuta un pericolo per la democrazia.
Grande commozione da parte dei presenti che hanno affollato la chiesa
dell'Annunziata, ha suscitato l'intervento della Laganà. La barbara morte di
Fortugno è una ferita ancora aperta, anche se sono stati fatti passi importanti
per accertare la verità. La parlamentare ha spiegato che dalla Calabria
dipendono le sorti dell'intero Paese. Quindi è indispensabile creare le
condizioni sociali e politiche per isolare i mafiosi. La condanna della mafia
fatta dal Papa nel '93 è stato un fatto molto importante, ha sottolineato l'on.
Laganà. La Chiesa rappresenta «un pilastro contro la mafia>, ma non deve essere
lasciata da sola. E' necessario per ciò rafforzare l'istituto della confisca dei
beni ai mafiosi, in quanto la legge La Torre-Rognoni è datata; infatti c'è un
impegno personale e del Governo, ha spiegato infine l'on. Laganà, per
aggiornarla.
Anche Ciconte ha affermato come la confisca sia fondamentale per la lotta alla
criminalità organizzata: «Se noi togliamo beni economici togliamo la ragion
d'essere della stessa mafia». A questo proposito ha auspicato che il governo
regionale e nazionale si ponga in modo prioritario l'obiettivo di costituire
un'agenzia apposita, cioè un gruppo di esperti che indaghino esclusivamente sui
patrimoni sospetti. «Le mafie tolgono la vita. Lo stato non protegge il
cittadino e quindi la gente ha paura». E' assolutamente importante capire quale
sia la differenza tra un semplice fatto di corruzione e l'azione criminale delle
mafie, ha spiegato Ciconte. Un ruolo importante lo deve svolgere a sua volta la
Chiesa, isolando i mafiosi, in quanto non possono essere associati ai valori del
cattolicesimo: «Il Dio che adora il mafioso è uguale a quello del cattolico?».
Sull'omicidio Fortugno ha infine spiegato Ciconte: «Sono convinto che la
'ndrangheta ha voluto affermare la sua presenza nella politica: il messaggio è
stato chiaro. Per ciò noi tutti dobbiamo chiedere la verità, chi sono i
mandanti, in quanto prima dell'uccisione di Fortugno negli ultimi 2 anni ci sono
stati 300 attentati».
Nel suo intervento il criminologo Bruno ha sottolineato il ruolo strategico
della Chiesa nella lotta alla mafia. Ma è opportuno un esame approfondito alla
luce del fatto che oggi la mafia ha cambiato pelle, essendo «un sistema di
persone e non», diversa dalla struttura precedente; per combatterla è necessario
intervenire dentro i gangli della società che produce questo comportamento e
formare le coscienze. Non bisogna «pensare che la mafia si risolve avendo solo
coraggio» ha osservato infine il criminologo, ma si è di fronte ad un fenomeno
molto complesso.
Su questo punto interessante l'analisi di Linarello, alla luce dell'esperienza
delle cooperative nate nella Locride, sul significato dell'aggregazione e della
solidarietà sociale attraverso il progetto Policoro, voluto dalla Chiesa
calabrese, che il 4 settembre prossimo si concretizzerà con "Welfare Calabria",
l'importante progetto che metterà insieme tutta l'esperienza delle cooperative
in un grande consorzio. Ma Linarello ha fatto un duro attacco al discorso delle
cosiddette "appartenenze" partitiche, 'ndranghetistiche e soprattutto
massoniche, che intrecciate danno vita ad un sistema difficile da scardinare, in
cui il ruolo delle logge deviate è determinante. E' un sistema che crea
precarietà e quindi può controllare il mercato del lavoro e le coscienze dei
cittadini. «L'appartenenza conta più della competenza» ha spiegato Linarello, e
il mercato più lucroso è quello dei voti, Come dimostra uno studio condotto all'Unical
(nel quale viene accertato che alcuni candidati spostandosi dal centrodestra al
centrosinistra e viceversa spostano i loro voti), grazie soprattutto agli
affiliati che vengono eletti e alla partecipazione dei cosiddetti "santisti"
della 'ndrangheta che entrano nei vertici delle logge massoniche, legalizzano
così i frutti del crimine. «La massoneria deviata agisce nel silenzio,
indisturbata, proprio perché - ha osservato Linarello - più si decanta la
pericolosità della 'ndrangheta, più l'attenzione dell'opinione pubblica si
sposta e viene manipolata». La compenetrazione tra le massonerie deviate e la
'ndrangheta è stata inoltre esaminata nella "Relazione sullo stato della lotta
alla criminalità organizzata in Calabria" della Commissione parlamentare
antimafia del luglio del 2000. Quindi secondo il presidente del Goel,
l'intreccio tra mafia politica è sempre più stretto.
Di grande significato infine la testimonianza di don Salvatore Santaguida, il
quale in passato ha condotto una battaglia a Stefanaconi per la legalità,
mettendo in rilievo il valore della cultura e della conoscenza per l'evoluzione
etica e spirituale dell'individuo, mettendo in guardia dal pericolo
dell'assuefazione alla mentalità mafiosa. Padre Francesco Lorenzo ha
sottolineando la necessità di passare «dall'io al noi» attraverso un decalogo
per sconfiggere il male e la violenza della mafia.
Da sottolineare il lavoro svolto dal priore della Confraternita Domenico Galati,
che intervenendo ha spiegato i motivi di queste iniziative, del vice priore
Domenico Macrì il quale ha introdotto il convegno. Infine si sottolinea il
saluto del sindaco Pasquale Fera, e quello del parroco di San Nicola don
Domenico Muscari e la presenza di Nicola Galloro (delegato alla Emergenza
abitativa del Comune di Roma).