Roma, 21 marzo 2021
Ciao Rosa,
ti scrivo per salutarti. Avrei voluto telefonarti questo fine settimana, ma non ho fatto in tempo perché sei volata via appena prima, senza preavvisare. Non ti chiamavo tanto spesso, un po’ perché la vita di città e i ritmi del lavoro fanno perdere il senso dei giorni che scorrono, un po’ perché dilatare (forse inconsciamente) i tempi ci fa illudere di prolungare anche il tempo delle persone a cui teniamo. Purtroppo non sempre funziona.
Sei andata via e mi lasci il ricordo di una persona buona, pulita, gentile. Non ti ho mai sentito parlare male di qualcuno; e se qualcuno veniva criticato in tua presenza, la tua massima reazione era stringere le spalle e inarcare le sopracciglia, in un gesto che chiedeva indulgenza. Sulle tue labbra un sorriso perenne e una risatina innocente, da ragazzina, quando rievocavi aneddoti spassosi. Materna e accogliente con i bambini e i ragazzi che frequentavano la chiesa, forse anche perché non ne avevi di tuoi o perché i tuoi amati nipoti erano lontani. Laboriosa, infaticabile, di un’energia impensabile per quanto eri minuta, il tuo movimento era lieve, ma il tuo agire incessante.
La chiesa era la tua seconda casa, non saprei dire quante messe hai sentito, quante centinaia di comunioni hai fatto, quante migliaia di canti hai intonato, quanti milioni di avemarie hai detto. E quanti pasti hai preparato per preti e predicatori, quante mozzette e camici hai stirato. Ma anche quante decine di ammalati hai visitato e quanti morti hai vegliato. Quanto hai dato per aiutare persone in difficoltà.
Qualcuno però deve aver preso nota.
Cristo nel vangelo di oggi dice: «Se uno serve me, il Padre lo onorerà». Io credo che tu stia già raccogliendo l’onore che ti ha fruttato il servizio fedele di tutta una vita, in quel mondo di luce popolato ormai da tante e tante care presenze. Anche lì prega per noi rimasti, come lo hai fatto instancabilmente finora, ché non ci perdiamo per strada.
Io ti voglio salutare con le parole del Siracide:
«Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città»
Arrivederci!
Domenico Teti